Chi sono

“Io sono io, solo io. Non dovrebbe essere sufficiente? Le persone vogliono sapere tutto di noi, non si accontentano mai, voracemente richiedono più informazioni possibili. Ma non sanno ascoltare, è questo il problema. Non sanno ascoltare, e più cose vengono dette loro, meno ne riescono a trattenere nella mente. E così si dimenticano di chi siamo, o forse non hanno mai avuto interesse a saperlo.”

La frase qui sopra ha accompagnato per mesi il mio profilo nella vecchia versione del blog Frammenti Sparsi. Non è una citazione letteraria o la battuta di qualche film famoso. È una frase totalmente partorita dalla mia mente, e ogni volta che la rileggo non posso fare a meno di pensare quanto sia tremendamente vera.

È curioso come nel magnifico mondo di Internet ci sia sempre il bisogno di condire ogni propria creazione con un profilo personale. Altrettanto curioso è il fatto che la gente legga queste informazioni con un’incredibile superficialità, e spesso sia convinta di conoscere una persona solo perché ha appreso il suo nome, la sua data di nascita o il suo gusto preferito di gelato. Credo sia questo che si intende quando si parla di social web. Una grande entità dove tutti sono amici di tutti, anche senza che si siano mai incontrati o visti di persona.

Mi sono interrogato molte volte su quale debba essere il significato primario di un blog. Il termine inglese è una contrazione delle parole Web Log, ovvero “diario in rete”, ma anche attribuirgli solo questo scopo mi sembra riduttivo. Anzi, improprio. Un diario è qualcosa di personale, scritto per sè e non per gli altri, custodito gelosamente alla larga da occhi indiscreti. Un blog è, per sua stessa forma, un mezzo di comunicazione di massa.

Allora a che serve un blog? A far sì che la gente di paesi lontani possa sapere qual è il nostro libro preferito o che film abbiamo visto l’ultima volta che siamo stati al cinema? Un blog può essere il degno sostituto della propria pagina personale nell’era del web 2.0. Eppure non vuol essere solo questo. Una pagina personale. Sarebbe banale ritenere che un blog voglia limitarsi a rendere noto ai lettori le informazioni personali del suo autore. Autore che, nella maggior parte delle volte, si nasconde dietro ad un nick totalmente impersonale e non comunica nulla di sè, fuorchè i propri pensieri sotto forma di post. Forse allora un blog è come un libro, o una fotografia, o un film, che vengono offerti al grande pubblico in attesa di un suo giudizio. O forse non è neanche questo, se è vero che del giudizio degli altri a molti blogger non interessa proprio nulla.

Ho meditato su cosa spinge il popolo degli internauti ad aprire un blog. E sono giunto alla conclusione che ognuno lo fa con motivazioni e scopi totalmente personali, insindacabili e curiosi. Personalmente credo di avere iniziato questa avventura per riuscire a comunicare le mie emozioni all’esterno, a persone che non sanno nulla di concreto della mia vita, non conoscono né i miei pregi né i miei difetti, non hanno la minima idea di come passi le mie giornate, e non sanno neanche se ciò che scrivo è ciò che poi realmente faccio. I pensieri e i fatti. In Internet sono due concetti slegati tra loro, per forza.

Allora questa cos’è? Una presa in giro? Una beffa per i lettori?
Assolutamente no, non è questa la mia intenzione. Ma com’è scritto nell’incipit di questa pagina, che interesse c’è a raccontare tutto di noi se poi le persone non hanno intenzione di capirci veramente?

Vorrei che chi approda qui lo faccia con uno spirito critico nuovo. Col desiderio di conoscere, di imparare, di giudicare e di confrontarsi. Con la mente sgombra da pregiudizi. Con la voglia di capire ciò che si nasconde dietro ogni scritto, ogni frase, ogni avventura di una vita che non è la propria: è la vita di un altro ragazzo, uno qualunque, con i suoi sogni e le sue paure.
Qusto è quello che vorrei. E fino ad oggi credo di esserci riuscito, con l’aiuto di tutti coloro che hanno già condiviso con me questa avventura. Tutte persone che ringrazio per le soddisfazioni che mi hanno dato in questi mesi, commentando le mie parole e portando qualcosa di loro in questo mondo che è come una piccola casa. La speranza è che anche in futuro si possa continuare lungo questa strada, crescendo insieme. Perché altrimenti che gusto ci sarebbe a scrivere senza essere letti, a giudicare senza essere giudicati, a parlare senza che nessuno ci dia retta?

“23 Novembre 2006. Eccomi qui.
Sono solo nella mia stanza, fuori è già buio.
Davanti a me, una pagina bianca.
Susurra. Chiede di essere riempita.

Non sono mai stato bravo a incominciare. Nemmeno a finire, se è per quello.
Però sono molto bravo a farmi venire in testa idee. Ne ho a migliaia. Tutte che implorano il proprio spazio, che supplicano per uscir fuori dalla mia testa, che mi tormentano affinchè io le traduca in realtà, con piccoli gesti o grandi sforzi.

L’ultima idea, quella che mi sta torturando di più in questi giorni.
Scrivere.
Per dire qualcosa, o forse per non dire nulla.
Non importa, qualcosa salterà fuori.
Qualcuno leggerà, forse.

Qualcuno leggerà le mie frasi. Stupide, testarde, insensibili, inaudite.
Le frasi affollano il cervello, a volte è difficile comporle e dar loro un senso compiuto.
Le frasi sono tante, i significati sono anche di più.

I pensieri, sono loro che ti fregano. Sono loro che interpretano il mondo. I significati sono nelle loro mani.
Ultimamente penso troppo. E i pensieri uccidono. Se non li regali a qualcuno, ti esplodono nella testa. Puoi buttarli via, ma così li sprechi. Molto meglio donarli, magari troverai chi ne saprà fare buon uso.

23 Novembre 2006.
Sono solo nella mia stanza, ma con me ci sono i pensieri.
E c’è una pagina bianca, che chiede di essere riempita.
Ed io obbedisco, perchè è l’unica cosa che posso fare, ora.”